Associazione Culturale
Il Frentano d’Oro

Marcello De Cecco


COLLEGIO dei RAGIONIERI di LANCIANO “IL FRENTANO d’ORO”.
II Edizione de “Il Frentano d’Oro”, 11 settembre 1999.

Al Prof. MARCELLO DE CECCO,
(Lanciano, 17 settembre 1939 – Roma 3 marzo 2016).
insigne Economista, Professore ordinario di Economia Monetaria, Storico ed Editorialista di prestigiose testate di giornalismo economico.
Alla cerimonia hanno partecipato in veste di Relatori il Prof. Luigi Spaventa, già Ministro del Tesoro ed il Giornalista Paolo Gambescia.

PRESENTAZIONE del Giornalista Mario GIANCRISTOFARO.
“Je suis du pays de mon enfance” (dalla canzone Douce France, di Charles Trénet, ndSG). Rispondeva così a chi gli chiedeva di dove fosse il celebre Scrittore francese Antoine de Saint-Exupéry, a significare che l’unica patria in cui si riconosceva erano i luoghi della sua infanzia, dove primariamente aveva succhiato la linfa che poi gli avrebbe dato la forza e la capacità di spiccare il volo come
cit­tadino del mondo“.
La vita, soprattutto quella di oggi, riserva a ciascuno di noi percorsi diversi, spesso oltre ogni più razionale previsio­ne.
Se poi, la fortuna, l’ingegno, le capacità, il destinoe purtroppo spesso anche la disperazione, ci spingono lon­tano dai luoghi dell’infanzia, la nostalgia è tanta che ci porta persino a sopravvalutare il “borgo natio“.
Ci abbeve­riamo di racconti, sospesi tra leggenda e realtà, perché il nostro  pensiero possa più a lungo navigare tra i volti, le case, le campagne, i ricordi dei luoghi della prima memoria.
Credo che in questa logica sia nata l’idea da  parte del Collegio dei Ragionieri di Lanciano di istituire un Premio annuale, “Il Frentano D’Oro” da assegnare ad una perso­nalità della Frentania che, nei vari campi della cultura, delle scienze e delle professioni, abbia dato lustro alla pro­pria Terra d’origine. Una iniziativa che si pone nella scia di una intensa e meritoria attività del “Collegio”, presieduto da Ennio De Benedictis.
Nata solamente nel 1990, l’Istituzione ha dato l’impulso primario per l’apertura a Lanciano del Corso universitario in “Economia ed Ammini­strazione delle imprese”; quattro anni fa è stata determi­nante per la ricostituzione della Casa Editrice Rocco Carabba. Lo scorso anno il Premio “Il Frentano D’Oro” venne asse­gnato al Maestro Mario Ceroli, “il moderno Leonardo che trasforma la natura all’insegna della fantasia” ;l’Artista che fa parlare il legno “.
Quest’anno “Il Frentano D’Oro” (realizzato dai Maestri orafi della “Ferrante Gioielliere” di Castelfrentano, su bozzetto dello Scultore Mario Ceroli) viene assegnato al Pro­fessor Marcello De Cecco, Economista, Storico e Giornali­sta, figlio tra i più illustri di Lanciano.
Sulla figura e l’opera di De Cecco non credo di avere l’autorevolezza di spendere parole: posso solo anticipare che nelle pagine seguenti di questa pubblicazione troverete analisi e testimonianze di notevole spessore anche se chiaramente non esaustive per ciò che Marcello De Cecco rappresenta oggi nel panorama culturale, nel senso più ampio del termine, ita­liano e straniero.

Motivazione, riportata su pergamena, del Premio “Il Frentano d’Oro” assegnato al Professor Marcello De Cecco.
Ennio De Benedctis, Presidente del Collegio Ragionieri di Lanciano.
Lanciano, lì 11 settembre 1999.
Marcello De Cecco, Economista insigne, ha portato nello studio dei problemi economici del mondo contemporaneo, in particolare di quel­li legati ai fenomeni monetari, i valori del passato e dell’indipendenza di giudizio propri della sua Terra.
Studioso conosciuto in tutto il mondo, con una vasta attività pubblicistica non ha mai cessato di divulgare l’Economia ai più e di sviluppare la coscienza della società civile.
L’attività di Marcello De Cecco è molteplice: come
Economista ha studiato i fenomeni di instabilità dei sistemi contemporanei ed in parti­colare quelli legati alla moneta e ai circuiti finan­ziari; come
Storico ha evidenziato la forte conti­nuità nel tempo dei fenomeni economici, in una stretta connessione con l’evoluzione della analisi teorica; come
Giornalista ha reso accessibili a tutti i contenuti dell’alta teoria economica, contribuendo a sviluppare una coscienza civile dei problemi del mondo contemporaneo.
In tuttie tre i campi si è affermato a livello internazionale divenendo un ascoltato opinion maker.

Marcello De Cecco, II Garante, 1999.

Marcello De Cecco: hanno scritto di lui…
Massimo Costantini, Gaetano Sabatini, Eugenio Scalfari, Alfredo Sabella, il Tabaccaio di Lanciano, Silvia Innocenti.

Prof. Massimo Costantini.
Marcello De Cecco, economista e storico.
Un Economista che citi Gino Luzzatto accanto ad Adam Smith e a David Ricordo (v. Monetae impero, Einaudi 1979) mette subito a proprio agio non soltanto lo Storico, e specialmente lo Storico economico, ma il Lettore in generale.
È questo il caso di Marcello De Cecco, uno Studioso il cui approccio scientifico, pur basato su una soli­da competenza specifica, non è mai tecnicistico, bensì culturale in senso pieno. Questo perché De Cecco è, insie­me, Economista e Storico, sempre attento cioè a conte­stualizzare l’analisi dei fatti monetari e           finanziari in rappor­to al clima sociale e politico del periodo.
Ad esempio, la trasformazione del sistema monetario internazionale tra Otto e Novecento – un tema che gli è congeniale – è messa in relazione con il passaggio da una fase politica di pace ad un’altra di segno completamente diverso, caratterizzata dall’attesa della guerra.
Esaminare le prospettive del sistema prescindendo dalle crescenti tensioni del periodo prebellico è per De Cecco “operazione affascinante, ma totalmente ascienti­fica, perché richiede l’isolamento della politica monetaria internazionale dal contesto della politica internazionale, di cui essa è parte importante ed inseparabile”.
Altro aspetto importante del suo stile è quello di mette­re in rapporto il passato con il presente, non per ricavarne improbabili lezioni, né tanto meno per strumentalizzare la sto­ria a fini contingenti, bensì per meglio comprendere l’uno alla luce dell’altro.
Così, la storia monetaria del periodo 1890-1914 gli serve per capire e far capire i motivi sia del tramonto dell’Inghilterra come Centro finanziario internazionale, sia dell’assenza, a tutt’oggi, di un Paese o di un gruppo di Paesi capaci di svolgere un ruolo analogo.
Gli studi di Marcello De Cecco si incentrano sulla Mone­ta e sulla Finanza in età contemporanea, ma non possia­mo non riconoscergli un’attitudine ad affrontare le stesse tematiche nel più ampio arco temporale.
Ciò non sarebbe possibile senza una solida preparazione teorica da un lato, e senza un interesse e una curiosità intellettuali, dall’altro. Ne deriva una grande capacità di comprendere e far comprendere i meccanismi reali dei fenomeni economici, una chiarezza esemplare che gli deriva dall’essere non soltanto teorico, ma anche “praticien” dell’Economia (come è stato detto di un altro Economista e Storico, Paul Bairoch, da uno storico economico, Ruggiero Romano).
Insomma, l’Economia di Marcello De Cecco è vera­mente una Scienza sociale, proprio in quanto rifugge da formalismi astratti e si applica, nella migliore tradizione del pensiero economico (starei per dire “classico”), allo studio dei rapporti tra uomini, non tra cose.
Sia che ci parli del­l’età contemporanea, sia che ci illustri i meccanismi eco­nomici del passato – l’ho sentito presentare un libro “diffi­cile” sulle crisi finanziarie di Venezia medievale rendendolo “facile” agli ascoltatori- Marcello De Cecco si fa apprez­zare per le sue doti straordinarie di comprensione di feno­meni essenzialmente sociali.
Vorrei infine dare atto a De Cecco di saper cogliere l’im­portanza di un problema in una determinata congiuntura politico-culturale, come nel caso del suo studio sulle Ban­che d’Affari in Italia (Il Mulino 1996) in un momento di svolta nelle politiche del settore.
Debbo dire che di questo libro c’era veramente bisogno: occorreva spiegare perché ai difetti strutturali della banca mista – che pure ha avuto grandi meriti nella fase della creazione di una base indu­striale in condizioni di carenza originaria di capitale, ma che ha anche evidenziato livelli di rischio alla lunga inaccettabili per le banche direttamente coinvolte e per il sistema finan­ziario nel suo complesso – e all’esaurirsi nel corso degli anni settanta, della funzione di garante del credito industriale inaugurata dallo Stato negli anni trenta del Novecento, si è recentemente risposto, a livello legislativo, con la riproposi­zione di quel modello (la cosiddetta “banca universale“),
C’era bisogno di fare chiarezza su una questione, come questa, di grande rilievo per l’Economia italiana in fase di ristrutturazione, e Marcello De Cecco ha saputo farlo anco­ra una volta benissimo, con la sua straordinaria capacità di unire teoria e pratica, economia, storia, scienza e cultura.

Prof. Gaetano Sabatini.
La storia del pensiero economico nell’opera di Marcello De Cecco.
Se si vuol dare una rappresentazione completa del pro­filo e del lavoro intellettuale di Marcello De Cecco, dopo averne ricordato l’attività nel campo della Teoria e Storia dell’Economia, non si possono omettere gli apporti del pensiero economico, apporti che datano dall’inizio del suo itinearario scientifico. Risale infatti al 1969 un primo approfondimento di Marcello De Cecco sul contributo di Vladimir Dmitriev alla teoria del valore ed è del 1977 un fortunato saggio su Keynes, rimasto legato alla definizione dell’Economista inglese come “the  Lost of the Romans”.
E ancora al pensiero keynesiano egli ha dedicato studi negli anni successivi, approfondendolo in particolare in rappor­to all’Economia italiana.
Tra gli Economisti iataliani, ritorna negli scritti di De Cecco l’attenzione per Luigi Einaudi e più in generale per quegli studiosi che, nell’età del sistema aureo, hanno affrontato temi di politica monetaria e di commercio internazionale.
Ma al di là degli scritti espressamente dedicati al pen­siero di Economisti del passato, in tutta l’opera di Marcello De Cecco si coglie una forte attenzione alla dimensione dell’evoluzione nel tempo dell’analisi economica e al suo costante rapporto con  il mondo circostante. In altre paro­le, presente e passato, elaborazione teorica e osservazione della realtà costituiscono elementi inscindibili nel pro­cesso di analisi di questo Economista, ed è un’immagine usata dallo stesso De Cecco a suggerirci in che relazione sia questa componente rispetto alle altre. Nel concludere un saggio di una decina d’anni fa sul­l’influenza esercitata dagli Stati nelle relazioni finanziarie estere nell’ultimo secolo, inserito in una raccolta di scritti curata da Augusto Graziani sul dollaro e l’Economia italiana, De Cecco immaginava Lord Keynes che dall’aldilà guardava divertito le “affannate giravolte” che nell’arco di pochi decenni avevano segnato più volte il passaggio dall’internazionalismo al transnazionalismo.
Ecco, il ruolo della storia del pensiero economico per Marcello De Cecco sembra essere appunto questo, la capacità di guardare dall’alto i problemi che la teoria e la storia eco­nomica affrontano, con la consapevolezza del divenire, e talora del ripetersi, dei fatti e delle idee.
Merita inoltre di essere ricordato anche un più recente impegno di Marcello De Cecco per la salvaguardia delle fonti della storia del pensiero economico.
Egli ha infatti aderito al progetto “Archivio Storico degli Economisti Italiani“, promosso dalla Società Italiana degli Economisti, per realizzare un censimento e una schedatura di tutte le carte – conservate tanto in archivi pubblici che privati – degli Studiosi italiani di problemi economici, ed ha pertanto accettato di coordinare il Gruppo regionale per l’Abruzzo costituitosi per questo progetto. Ed ancora all’Abruzzo riporta un’altra iniziativa che lega Marcello De Cecco alla storia del pensiero economico, quella di fon­dare con Pierluigi Ciocca e con il benemerito patrocinio della Banca Popolare di Lanciano e Sulmona, una collana dedicata ai testi di Economisti abruzzesi presso la rinata Casa Editrice Rocco Carabba di Lanciano, collana di cui hanno già visto la luce i primi due volumi dedicati agli scrit­ti di Carlo Tapia e di Umberto Ricci.
Approdati ormai alla dimensione dell’Unione Europea e proiettati verso il futuro imminente del XXI secolo, Marcello De Cecco motiva questa iniziativa richiamandosi al valore della ricchezza del pensiero del passato e del presente contro ogni pensiero unico dominante: “perché  il nuovo secolo non nasca, come minaccia, privo di memoria e perché l’Europa unita non cancelli quella che è la sua caratteristica, il suo valore più prezioso, la diversità delle componenti delle quali è formata”.

Testo integrale dell’articolo pubblicato da “Repubblica” Martedì, 7 Luglio 1998
a firma di Eugenio Scalfari

NEL PAESE DELLA DEA BENDATA.
Di solito soffro di un’acu­ta allergia per i libri che so­no direttamente o indirettamente ricavati da raccolte di articoli comparsi su vari giornali o di allocuzioni pro­nunciate in occasione di questo o quel Convegno. An­ch’io ho commesso qualche peccato giovanile in tal senso ma da almeno trent’anni osservo una rigorosa asti­nenza e confido di mantenerla fino alla fine. Naturalmente ci sono, in mezzo alla miriade di raccol­te d’occasione tutte secondo me da destinare al macero senza troppi scrupoli, alcune eccezioni; tanto più preziosa è la loro scoperta quanto meno ti immagineresti di trovare una pepita d’oro in mezzo al ciarpame. Una di esse è in libreria da pochi giorni con il titolo L’oro di Europa (editore Donzelli). L’Autore è Marcello De Cec­co, ordinario di Politica Eco­nomica alla Sapienza e pro­prio da lui, da questa singo­lare figura di Economista, vorrei partire.

Abbiamo in Italia Econo­misti di prima scelta, che non soffrono certo nel confronto con i Colleghi di Paesi e di culture ben più eminen­ti; parlo di contemporanei che studiano, insegnano e spesso forniscono alle pub­bliche Istituzioni il frutto della loro esperienza intellet­tuale.
Ebbene, Marcello De Cecco non somiglia a nessu­no di loro né ha in comune con essi i vari modelli di ri­ferimento, Einaudi o Key­nes, Smith o Ricardo, Wall­ras o Marshall, la Scuola di Vienna o quella di Chicago o quella di Cambridge.
Eppure anche De Cecco prosegue a suo modo una li­nea di pensiero che sta a cavallo tra la teoria economica e l’interpretazione politica dei fatti e dei sistemi.
I capi­fila italiani di questa linea potrebbero essere Maffeo Pantaleoni, Pareto, Mosca; Pantaleoni in particolare: nello stesso fraseggio di De Cecco, così diretto, limpido, del tutto privo delle gergali­tà e della sintassi a volte inutilmente contorta  di molti suoi Colleghi, si ritrovano spesso le tonalità di Pantaleoni, cui vorrei aggiungere Antonio De Viti De Marco.
De Cecco insomma mi sembra un Economista di scuola radicale; ma va subito aggiunto che egli si avvale di una conoscenza sia teorica sia storica dei fatti così raffinata da tenerlo lontano da ogni tendenza che abbia un suo pur remoto sentore ideologico. Le sue tesi sono il frutto di analisi effettuate sul campo e prive di pregiudizi e se poi si volesse infittire l’album dei suoi probabili progenitori intellettuali, aggiungerei ai nomi già fatti anche quelli di Piero Sraffa e di Gaetano Salvemini.
Non so se De Cecco si riconoscerà in quest’album di ascendenze.
Spero di sì.
E veniamo al testo, che mette sotto esame un evento assolutamente attuale, anzi in corso, e cioé l’unione monetaria ed economica dell’Europa con i suoi antecedenti, i possibili sviluppi, le dinamiche operanti sul Continente e nelle altre grandi aree economiche del pianeta, lo scontro dei poteri, la realtà dei mercati.
Il soggetto insomma è l’Europa ormai avviata verso l’unità, ma l’approccio è di un’estrema spregiudicatezza intellettuale.
Non è un’icona l’Europa cui guarda De Cecco, ma la costruzione di uno spazio dove si misurano cavalli di razza, fiere nobili e meno nobili, bisogni, appetiti, tecnostrutture, aspirazioni democratiche e pulsioni monopolistiche mai sopite. Aggiungo che l’approccio di cui dicevo è decisamente irrispettoso verso alcune delle più correnti e accreditate “vulgate”.
Per esempio quella del mercato come strumento-principe per diffondere a vantaggio di tutti i benefici effetti della libera concorrenza; o quella che ravvisa nelle Aziende pubbliche una malformazione del sistema e nel loro passaggio alla gestione privata, l’infallibile panacea di tutti i mali e di tutti i vizi.
Infine circola in questo libro smilzo e vivacissimo uno spirito caustico che non si arresta di fronte a nessun tabù, a cominciare dalla stessa Unione Europea e, ancor di più, dai poteri forti americani che si preparano a sfruttare a fondo l’occasione Europa dopo aver lungamente cercato di scongiurarla.
L’ottica dalla quale questi fenomeni “in progress” ven­gono guardati è al tempo stesso europea, italiana e meridionale: come si confor­merà il Continente, quale sa­rà il peso e il ruolo nostro e in particolare se ne trarrà svantaggio o vantaggio il no­stro Mezzogiorno al quale peraltro l’Autore riserva un’a­nalisi priva delle passionalità e del vittimismo di certo me­ridionalismo di maniera.
Quanto ai punti determi­nanti dell’indagine, perché d’una vera e propria indagine si tratta, essi sono due: lo svi­luppo delle industrie ad alta tecnologia e la trasformazio­ne dei mercati finanziari. In­somma il futuro.
E qui comincian le dolenti note…
L’Italia, scrive De Cecco, non ha una Scuola, un’Uni­versità e una capacità di ri­cerca che possano preparare una Classe dirigente tecnica­mente e culturalmente atrezzata per l’innovazione.
Nel quadro dell’Unione euro­pea e della globalizzazione mondiale l’Industria italiana si è rassegnata già da tempo a “cristallizzarsi in un ruolo di fornitore di prodotti di fa­scia alta in settori tradizionali nei quali l’innovazione può essere ancora il frutto di intelligenza e iniziativa indi­viduali”.
In queste condizioni i Centri decisionali e la Ricerca emigrano e ancor più emigreranno all’Estero sia per quanto riguarda le Imprese ad alta tecnologia sia i servi­zi finanziari. Poiché le pro­spettive di nuova occupazione sono in gran parte affida­te proprio a questi due setto­ri importanti dell’Economia del futuro, la nostra carenza in entrambi i campi produrrà un doppio effetto negativo: uno sviluppo subalterno ai centri decisionali stranieri e una difficoltà aggiuntiva per quanto riguarda la nuova oc­cupazione.
De Cecco non nasconde il suo scetticismo sulla privatizzazione a suo avviso troppo frettolosa dell’Industria pubblica, anche e special­mente per quanto riguarda le Banche.
“La Germania è stata molto più cauta di noi per non parlare della Francia“.
In Italia è in atto un trasferimento massiccio del risparmio dai “bot people” (l’insieme dei risparmiatori non esperti che decidono di investire in titoli di Stato “tranquilli”, come i BOT, ndSG).
Abbiamo in Italia Econo­misti di prima scelta, che non soffrono certo nel confronto con i Colleghi di Paesi e di culture ben più eminen­ti; parlo di contemporanei che studiano, insegnano e spesso forniscono alle pub­bliche Istituzioni il frutto della loro esperienza intellet­tuale.
De Cecco insomma mi sembra un Economista di scuola radicale; ma va subito aggiunto che egli si avvale di una conoscenza sia teorica sia storica dei fatti così raffinata da tenerlo lontano da ogni tendenza che abbia un suo pur remoto sentore ideologico. Le sue tesi sono il frutto di analisi effettuate sul campo e prive di pregiudizi e se poi si volesse infittire l’album dei suoi probabili progenitori intellettuali, aggiungerei ai nomi già fatti anche quelli di Piero Sraffa e di Gaetano Salvemini.
Non so se De Cecco si riconoscerà in quest’album di ascendenze. Spero di sì.
E veniamo al testo, che mette sotto esame un evento assolutamente attuale, anzi in corso, e cioé l’unione monetaria ed economica dell’Europa con i suoi antecedenti, i possibili sviluppi, le dinamiche operanti sul Continente e nelle altre grandi aree economiche del pianeta, lo scontro dei poteri, la realtà dei mercati.
Il soggetto insomma è l’Europa ormai avviata verso l’unità, ma l’approccio è di un’estrema spregiudicatezza intellettuale.
Non è un’icona l’Europa cui guarda De Cecco, ma la costruzione di uno spazio dove si misurano cavalli di razza, fiere nobili e meno nobili, bisogni, appetiti, tecnostrutture, aspirazioni democratiche e pulsioni monopolistiche mai sopite. Aggiungo che l’approccio di cui dicevo è decisamente irrispettoso verso alcune delle più correnti e accreditate “vulgate”.

La sfera del Premio, l’Uomo Vitruviano, opera del M° Mario Ceroli, primo Garante del 1998.
Realizzazione in oro del M° Orafo Pietro Ferrante, Castelfrentano. (foto di Gianluca Scerni)

Per esempio quella del mercato come strumento-principe per diffondere a vantaggio di tutti i benefici effetti della libera concorrenza; o quella che ravvisa nelle Aziende pubbliche una malformazione del sistema e nel loro passaggio alla gestione privata, l’infallibile panacea di tutti i mali e di tutti i vizi.
Infine circola in questo libro smilzo e vivacissimo uno spirito caustico che non si arresta di fronte a nessun tabù, a cominciare dalla stessa Unione Europea e, ancor di più, dai poteri forti americani che si preparano a sfruttare a fondo l’occasione Europa dopo aver lungamente cercato di scongiurarla.
L’ottica dalla quale questi fenomeni “in progress” ven­gono guardati è al tempo stesso europea, italiana e meridionale: come si confor­merà il Continente, quale sa­rà il peso e il ruolo nostro e in particolare se ne trarrà svantaggio o vantaggio il no­stro Mezzogiorno al quale peraltro l’Autore riserva un’a­nalisi priva delle passionalità e del vittimismo di certo me­ridionalismo di maniera.
Quanto ai punti determi­nanti dell’indagine, perché d’una vera e propria indagine si tratta, essi sono due: lo svi­luppo delle industrie ad alta tecnologia e la trasformazio­ne dei mercati finanziari. In­somma il futuro.
E qui comincian le dolenti note…
L’Italia, scrive De Cecco, non ha una Scuola, un’Uni­versità e una capacità di ri­cerca che possano preparare una Classe dirigente tecnica­mente e culturalmente atrezzata per l’innovazione.
Nel quadro dell’Unione euro­pea e della globalizzazione mondiale l’Industria italiana si è rassegnata già da tempo a “cristallizzarsi in un ruolo di fornitore di prodotti di fa­scia alta in settori tradizionali nei quali l’innovazione può essere ancora il frutto di intelligenza e iniziativa indi­viduali”.
In queste condizioni i Centri decisionali e la Ricerca emigrano e ancor più emigreranno all’Estero sia per quanto riguarda le Imprese ad alta tecnologia sia i servi­zi finanziari. Poiché le pro­spettive di nuova occupazione sono in gran parte affida­te proprio a questi due setto­ri importanti dell’Economia del futuro, la nostra carenza in entrambi i campi produrrà un doppio effetto negativo: uno sviluppo subalterno ai centri decisionali stranieri e una difficoltà aggiuntiva per quanto riguarda la nuova oc­cupazione.
De Cecco non nasconde il suo scetticismo sulla privatizzazione a suo avviso troppo frettolosa dell’Industria pubblica, anche e special­mente per quanto riguarda le Banche.
“La Germania è stata molto più cauta di noi per non parlare della Francia“.
In Italia è in atto un trasferimento massiccio del risparmio dai “bot people” (
verso il capitale di rischio e gli intermediari finanziari; ma poiché il mercato sarà sempre più nelle mani di Istituzioni estere – europee ed extraeuropee – l’uso del risparmio nazionale non sa­rà in nostro possesso e non potrà dunque essere impie­gato per una strategia pensata in funzione italiana.
A questa tesi si potrebbe obiettare, come infatti si obietta da parte dei liberisti coerenti, che sarà il mercato nella sua “neutralità” a cana­lizzare il risparmio verso gli investimenti più adatti a produrre reddito e a diffon­derne i benefici sui consumatori, i lavoratori e i ri­sparmiatori. Ma De Cecco conosce l’obiezione e rispon­de ad essa preventivamente “Da che mondo è mondo i mercati sono stati luoghi di potere e di scontri tra poteri contrapposti, che talvolta lo Stato è riuscito a controllare imponendo delle regole. Ma non necessariamente tali re­gole sono state destinate a mettere sullo stesso piano i vari partecipanti al mercato. Spesso lo Stato è intervenuto proprio per convalidare le posizioni di forza esistenti e magari fornire ulteriori armi di dominio ai poteri più forti”.
Questa sarà – secondo l’Autore – anche la realtà del mercato europeo unifica­to e soprattutto delle sue strutture finanziarie alla cui evoluzione De Cecco dedica molte illuminanti pagine im­prontate ad un realismo cri­tico se non addirittura pessi­mista. Ma la sua onestà intellet­tuale gli consente anche di misurare la propria “data­zione” e fame avvertiti i suoi lettori ed ecco infatti in che modo si conclude il suo sag­gio sul passaggio dalle mo­nete e dalle banche centrali nazionali alla moneta e alla Banca Europea: “Devo confessarlo: leggendo il decreto che adegua le nostre norme monetarie a quelle del Sistema europeo delle banche centrali e della Banca cen­trale europea mi sono accor­to di essere vecchio, nato prima dell’ultima Grande Guerra civile europea e dun­que figlio dello Stato-nazio­ ne. La mia generazione ha voluto l’Europa più di tutte le altre ed ha fatto di tutto perché venisse al mondo. Ora che è nata sappiamo che dovranno essere i più giovani a realizzare la nuova Eu­ropa. Che la Fortuna, questa vecchia dea europea che ap­pare bendata nelle statue ro­mane, li assista in questo compito grandioso”.

Alfredo Sabella.
Un Lancianese DOC.
Un gruppo d’amici s’è stretto intorno a Marcello De Cecco per rinnovargli l’affetto e la stima che nutre nei suoi confronti, e per testimoniargli l’alta considerazione che egli gode in seno a tutta la cittadinanza lancianese.
La nostra vecchia città è cresciuta, debordando dalla linea delle antiche mura urbiche entro cui viveva racchiu­sa fino al 1945; tuttavia, questa espansione urbanistica non ha modificato l’antica struttura comunitaria socialmente e storicamente determinata, per cui la conoscenza recipro­ca, ampia e diffusa, impedisce che i vari soggetti restino isolati ed ignorati, al di fuori di ogni condizionamento rela­zionale.
Siamo fortunatamente ancora una comunità pervasa da sentimenti di solidarietà amicale, e perciò ci sentiamo legati gli uni con gli altri in virtù di patrimonio comune fatto di tradizioni, di ricordi, di valori.
Quando poi accade che uno della nostra comunità (ma è meglio chiamarlo nel linguaggio familiare: un pae­sano!) per virtù propria riesce ad emergeree a consegui­re riconoscimenti pubblici nel campo professionale nel quale è inserito, è inevitabile che la comunità si stringa intorno a lui, giacché, per un sentimento che può anche essere definito “provinciale”, tutti si sentono compartecipi del suo successo. Ed è facile cogliere sulla bocca di tutti un giudizio non privo di un accento di fierezza: “È un nostro concittadino che fa onore alla città!”
Si può parlare, allora, di vetero campanilismo paesano?
Può darsi, ma sarebbe più onesto definirlo sentimento ami­cale di appartenenza, una forza molto valida per rinvigori­re l’identità collettiva.
Marcello De Cecco è lancianese di antica stirpe, i cui fasti egli rinnova e riconferma con i successi che va conse­guendo nel campo della disciplina universitaria che coltiva. Antica stirpe lancianese, dunque, sempre presente, attraverso l’iscrizione dei suoi componenti negli albi pro­fessionali della città come avvocati. professori, ingegneri. Per avere una testimonianza della lancianesità dei De Cecco, si può consultare l’opera del nostro più accredita­to storico e cronista, il Sacerdote Uomobono Bocache, i cui manoscritti sono conservati presso la nostra biblioteca comunale.
Bocache, nato nel 1745 e morto nel 1824, ci informa che fu battezzato dall’Arciprete Don Silvestro De Cecco, titolare del beneficio parrocchiale di S. Maria Maggiore, la vecchia Chiesa monumentale sita nel quartiere di Civitanova. Fino agli anni quaranta di questo secolo, un ramo della Famiglia De Cecco ha conservato la propria abitazione nel predetto quartiere. Bocache, inoltre, ricorda e registra che, nel 1799, dopo l’arrivo a Lanciano delle truppe della “Grande Nazione” (l’Esercito repubblicano francese) venne nominato Capo della Guardia civica municipalista, un tale Alessandro De Cecco, che poi ebbe a subire ritorsioni da parte del rico­stituito potere borbonico.
Un altro De Cecco, Nicolao Niccolò, nel 1820 venne eletto Deputato aggiunto al Parlamento napoletano, quello creato a seguito della Rivoluzione dei Pepe, dei Morelli e dei Salvati. Nicola (o Niccolò) De Cecco partì per Napoli insieme ad un altro concittadino, Saverio Brasile, pure lui nominato Deputato; ed entrambi fecero parte del gruppo politico che si riconosceva in Pasquale Borrelli, di Tornareccio, pre­sto nominato Capo della Polizia e di cui, con una punta della sua ben nota acidità, Pietro Colletta ricorda come fosse “per natura scaltramente ingegnoso e per lunga usanza esperto delle brighe di Stato” (Storia del Reame di Napoli, ed. Sansoni, 1962, pag. 698).

Lucio Trojano, futuro Garante del 2008, interpreta Marcello De Cecco.

Marcello De Cecco (deliberatamente non premettia­mo il titolo accademico di “professore”, perché ne reste­rebbe vulnerato lo spirito amicale di questa nota); De Cecco, dunque. è rimasto sempre legato alla sua piccola patria, anche se le circostanze della vita l’hanno portato lontano. Di recente ha pubblicato una raccolta dei suoi articoli apparsi su riviste e quotidiani e sentimentalmente ha voluto dedicarla, oltre che ad un tassista di Roma e ad un Ufficiale dell’Aeronautica di Taranto ad un “tabaccaio di Lanciano”. Tutti e tre, come afferma lui stesso, sono i cit­tadini anonimi che gli fanno l’onore di leggere i suoi scritti. Per la verità tutti noi cerchiamo di capire, attraverso i suoi scritti, quale potrebbe essere la sorte dell’Italia, della nostra nazione, della nostra città, dopo l’entrata in vigore del sistema dell’euro. De Cecco, con costante tenacia, ripete che le relazioni economiche sono condizionate dal rapporto “centro-periferia”. Nella futura “Eurolandia” è possibile ritenere che i fenomeni economici saranno condizionati da un “Centro” che potrà identificarsi con la dimensione territoriale della antica “Lotaringia” il Regno succeduto, a suo tempo, all’impero Carolingio.

Qualche anno fa, presso la Casa di Conversazione di Lanciano, in occasione di un Convegno di studi, abbiamo assistito ad un cortesee garbato scambio di opinioni tra l’Ambasciatore tedesco ed il nostro De Cecco. Fermo e tenace nelle sue convinzioni, il nostro concittadino si lasciò trasportare dal suo amore innato per la piccola patria, e riproponendo la tematica del rapporto “centro-pereiferia” si espresse, pressappoco, in questi termini “premesso che sarà la Germania (ovvero la Lotaringia) a seminare le pul­sioni economiche, personalmente mi sta bene, perché l’antica Lotaringia aveva per confine il fiume Sangro, e perciò Lanciano ricadrebbe nell’orbita del “centro”…! Ma che ne sarà di ciò che sta al di là del Sangro e, che una volta formava il ducato longobardo di Benevento?”
A pag. 23 della recente pubblicazione di De Cecco, quella prima ricordata ed intitolata: “l’oro di Europa“, que­sta tematica antica viene ripresentata nei seguenti termi­ni: “l’Italia sembra rassegnata a sacrificare i propri residui centri organizzativi della produzione, integrando con grande successo la propria industria con quella tedesca… Questa soluzione è in contraddizione con la persistenza dell’Italia come realtà economica integrata, perché il modello Mitteleuropeo coinvolge l’Italia del Nord e quella del Centro, ma esclude il Sud… A meno di trasformare l’in­tero Sud… in un enorme parco turistico per le vacanze dei cittadini della Mitteleuropa”.
Ora, è pur vero che l’Abruzzo ha compiuto passi da gigante per trarsi dalla morte gora dell’economia sottosviluppata del Sud; ma ogni ottimismo è mal riposto, perché l’Abruzzo tuttora è è condizionato da un’economia fragile, e non dispone di capitali sufficienti per assicurarsi uno sviluppo autoctono ed autonomo.
Perciò potrebbe ricadere nell’area di periferia di “Eurolandia”.
Sicuramente, nell’Europa del futuro il numero delle “nazioni-stato” verrà a ridursi, e noi Italiani, se non corriamo ai ripari, rischiamo di cessare di essere nazione (per ripetere il titolo di un libro del Prof. Rusconi).
De Cecco, con il pessimismo della ragione, ci dice che “l’eutanasia” della sovranità italiana sarà guardata con distacco dalla gran parte degli Italiani, e da molti di essi, con entusiasmo”.
Ma oltre al pessimismo della ragione, c’è anche l’ottimismo della volontà.
La parabola iniziata con il Risorgimento verrà anche a cessare un giorno, perchè tutto ciò che nasce è destinato a finire; ma almeno per il momento, intorno al mito del Risorgimento ci sono ancora milioni di persone, di Italiani che hanno un preciso interesse a rimanere padroni del proprio destino.
E tra quanti si batteranno con intelligenza e passione contro la logica del mercato (il luogo dei rapporti di forza come hanno insegnato Smith, Pareto e Pantaleoni) siamo sicuri che ci sarà, con il suo impegno, anche Marcello De Cecco.
In definitiva, a favore di quanti lottano, lavorano, sperano, soffrono, sognano ma che non sempre sono capaci di individuare la strada che debbono perseguire per resistere, oppure per sottrarsi alle forze superiori incombenti, c’è sempre qualcuno che, in virtù del proprio sapere, riesce ad individuare i sottili fili sotterranei che legano le situazioni e i rapporti economici tra un “centro” di propulsione ad una “periferia” in posizione di subordine.
La Scienza economica è arida, è fredda, è senza cuore; ma tutto questo non implica che chi la insegna sia privo di entusiasmo e di passione.
Marcello De Cecco è ricco di alta cultura umanistica perché debba cedere alla logica algebrica applicata alla politica economica.
Dopotutto, l’integrazione europea si svolgerà nel più ampio contesto di quello mondiale, e perciò agli Stati europei resterà riservata una funzione di difesa degli interessi delle Nazioni coinvolte. Nessuno desidera una “globalizzazione selvaggia”, per cui tutti gli attuali Stati europei dovrebbero diventare delle componenti variabili di una sola potenza imperiale.
La lucida interpretazione dei fatti finanziari ed economici che de Cecco viene effettuando in modo costante, ci può aiutare a renderci consapevoli del destino che ci può colpire; ma questa consapevolezza ci può anche indurre ad adottare quelle decisioni necessarie per scongiurare la sorte avversa.
Per questo siamo tutti grati a De Cecco per la sua preziosa attività culturale; per questo siamo sempre più orgogliosi di sentirlo a noi vicino, come uno dei più emeriti esponenti della nostra comunità lancianese.

2001: Marcello De Cecco, il primo a dx. e Garante del 1999, alla premiazione dell’Ing. Guerrino De Luca a Lui accanto. Da sin.: il Rag. Ennio De Benedictis, il Prof. Alessandro Pace, Garante del 2000
e il M° Orafo Pietro Ferrante al centro.

Il tabaccaio di Lanciano gratificato di una dedica del Prof. De Cecco.
Il Professore e il Tabaccaio.
Leggo “Repubblica” sin dalla fine degli anni settanta. Nel leggere gli articoli di economia ho notato che la maggior parte dei giornalisti che scrivono in materia si rivolgono con il loro modo di esprimersi più agli addetti ai lavori che al lettore qualunque. Mi ritrovai un giorno per caso a chiacchierare con il Dott. De Benedictis il quale, avendo notato che ero un assi­duo lettore del giornale mi informò che sul quel quotidia­no a scrivere era un suo amico d’infanzia il Prof. Marcello De Cecco, ed io che sono di Lanciano, ricordai i suoi parenti che conoscevo, e ricordai anche di aver sentito dire che egli era professore di economia all’Università.
Da quel giorno lessi con attenzione tutti i suoi articoli. La prima cosa che mi colpì fu la semplicità e la chiarezza nell’esporre i concetti in un italiano semplice e lineare, per­fettamente comprensibile a tutti ed anche a me che di economia ero completamente a digiuno. Sempre un altro suo compagno di liceo mi disse che il Prof. De Cecco si era sempre occupato di letteratura e che a soli diciannove anni aveva fatto una recensione sul “Gattopardo” di T. Di Lampedusa.
Uno dei primi articoli che mi colpì molto parlava della droga e dei suoi risvolti sociali rappresentandoli poi ad una economia mondiale. Il professore ne fece un’analisi socio­economica e politica così chiara e precisa ed io ne rimasi molto impressionato. In un altro articolo che il professore scrisse su di una materia di cui non tratta spesso, un cosiddetto articolo “isolato” parlò dell’aeroporto della Malpensa. Capitava che nei giornali si leggessero numerosi articoli che elogiavano questo progetto italiano che era invece ostacolato da quasi tutta l’Europa e anche da qualche nostro politico.
Il professore nel suo articolo fece un’analisi dettagliata ed attenta descrivendo i motivi per cui quell’aeroporto non andava bene, ed io, incuriosito, seguii nei mesi seguenti con passione quel caso. Ebbi modo così di constatare che quel che il Dott. De Cecco, a tratti con graffiante ironia, aveva elencato come potenziali difetti trovarono puntual­mente riscontro.
Questi articoli “isolati” del professore fanno capire la sua acuta capacità di osservazione sui fatti mondiali attuali e le sue analisi, mi hanno più volte lasciato sconcertato per la lucidità, la chiarezza e la capacità di sintesi soprattutto se tutto questo viene considerato in un articolo di giorna­le.

2010, premiazione del Prof. Giuseppe Rosato, il secondo da dx, accanto a Marcello De Cecco. Da sin.: Ennio De Benedictis, Mario Giancristofaro, Alessandro Pace, Garante del 2000, Cicci Santucci, Garante del 2009
e Lucio Trojano, Garante 2008.

Sempre a proposito degli articoli di economia che mira­no a sottolineare il prepotente predominio sull’economia mondiale degli Stati Uniti d’America, ed il modo in cui essi lo mettono in atto, il professore si schiera in difesa dell’e­conomia italiana e, il più delle volte a ragion veduta, spe­cie nei confronti degli altri partner Europei, in special modo quello tedesco il quale, sovente ci attacca per alcune nostre scelte in campo economico e per una nostra presente debolezza in materia.
Egli porta ad esem­pio quel periodo in cui ci fecero una spietata politica creata a mascherare la loro crisi economica che piano piano venne a galla. Nemmeno a dirlo, anche in quel caso, anticipò i fatti. Il dott. De Cecco, in questo periodo di globalizzazione in cui l’economia mondiale sta subendo cambiamenti radi­cali, si trova secondo me a proprio agio perché, egli è un profondo conoscitore di questi mutamenti. Egli riesce a far capire ed intuire gli scenari che li aspettano. Tutti i suoi arti­coli sono di grande attualità e, per capirli meglio, bisogna memorizzarli, seguire gli eventi e poi fare un riscontro oggettivo sulle sue tesi.
Penso che chiunque scriva per un giornale riceva dall’editore indicazioni sulla materia che dovrà trattare nei suoi articoli, e a volte questa materia non sempre è congeniale a chi ne deve trattare, anche se la conseguenza è un aumento della tiratura.
Come quella volta che il Prof De Cecco scrisse in mate­rie di crisi asiatica, dove nei primi articoli riuscì a fare le sue argute e puntigliose analisi ma, dovendosi dilungare un po’ troppo su questioni forse per lui ovvie lasciò intravve­dere nei suoi articoli una certa stanchezza e svogliatezza nello scrivere.
Mi colpì una frase piuttosto ermetica
“così come le borse asiatiche sono scese, così saliranno”.
Manco a farlo apposta poco tempo dopo nel leggere un articolo di economia, lessi che le borse asiatiche erano risalite del 40%.
Vorrei chiedere al professore (che mi perdonerà I’az­zardo) di scrivere molti più articoli “isolati” dove le sue notevoli capacità di acuto osservatore, la sua preparazio­ne in materia, il suo modo di scrivere semplice conciso e chiaro, e la sua pungente ironia, risulta sempre molto sti­molante e piacevole in chi lo legge.

Silvia Innocenti.
Il mio compagno di scuola Marcello.
“Che facoltà prenderai all’Università? Che professione vorrai fare?”.
“Quella dove si guadagnerà di più!”.

Se il suo intento era quello di scandalizzare noi fanciulle in fiore piene di idealismi e di sogni, Marcello aveva fatto il suo primo centro e infatti in quel caldo mattino di giugno di tanti tanti anni fa ce ne uscimmo in gridolini di raccapriccio.
Marcello è sempre stato così: molto positivo e insieme molto scanzonato.
Fra i tanti compagni bravi che ricordo, forse era uno dei pochi ad essere bravo senza essere secchione. Studiava, è vero, ma non rinunciava per questo né alla passeggiata, né agli hobby, né al tempo libero e a scuola riusciva decisamente bene.
Se dovessi paragonare Marcello ragazzino a un perso­naggio dei fumetti, non c’è nessuno che gli calzi bene come Charlie Brown, “quel bambino dalla testa rotonda“, sì perché il mio compagno aveva una gran capoccia rotonda, che spiccava ancor più sul suo corpo esile di adolescente, solo che, mentre Charlie Brown è un perdente nella vita, Marcello è un vincente.
Fiorin, fiorello Marcello è bello col suo nasin;
sembra un attore e il nostro cuore fa palpitar,
Marlon Brando muore di fronte a tal fiore
che sua bellezza fa scolorar.
Te le ricordi, Marcello, le parodie alla festa del Prof. Vincenzo Bellisario?
Ero io la penna caustica, la maledetta toscana, che s’incaricava di “pittare” i compagni, ma in quanto a battutine e barzellette tu non eri secondo a nes­suno.
Beh, il passato si fa ricordare con piacere, ma anche il presente per te non è niente male: una bella moglie, un’ottima forma e che vuoi di più dalla vita?, direbbe la pubblicità di un noto amaro:
“non un Lucano, per carità ma un Frentano d’Oro, sì”.

CARRIERA ACCADEMICA e PUBBLICAZIONI del Prof. De Cecco.
Vai:
https://www.lintellettualedissidente.it/controcultura/economia/marcello-de-cecco-il-mondo-per-quello-che-e/

https://it.wikipedia.org/wiki/Marcello_De_Cecco

o sul libretto dell’Associazione a Lui dedicato. Queste pagine hanno problemi di lettura e quindi di trasporto sul sito.

Evento patrocinato dal Comune di Lanciano,
al quale rivolgiamo il nostro GRAZIE.

Il Prof. Marcello De Cecco è scomparso a Roma il 3 marzo 2016.